Distinguere il pensiero dai fatti
- Pierluigi Casolari
- 26 feb 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Molti parlano di questo importante tema: distinguere la propria opinione dai fatti. si tratta ovviamente di una pregevole intenzione. Ma come farlo? Il più delle volte, chi sostiene di distinguere tra i fatti e le proprie opinioni, utilizza altro pensiero per farlo. Come se il nuovo pensiero riuscisse a scacciare o perfezionare quello vecchio, rendendolo più aderente alle cose. In filosofia questo tema è conosciuto come modello di verità basato sulla corrispondenza o adeguatezza tra pensiero e realtà. Il punto è che non abbiamo altro modo di verificare se il pensiero si adegua alla realtà se non utilizzando altro pensiero. E come facciamo a dire se questo pensiero aggiuntivo a sua volta riflette e corrisponde alla verità? Siamo ovviamente in un paradosso, in un circolo vizioso, che non ci permette di risolvere il problema, se non che magari ci aiuta a essere più chiari possibile, utilizzare al meglio la logica.
Nell'ambito delle pratiche meditative questo problema viene affrontato in modo diverso. Nel contesto di alcuni tipi di meditazione, il praticante osserva con apertura e presenza mentale i contenuti dei sensi, cercando di prestare attenzione, al momento in cui nel campo percettivo si manifestano degli ulteriori segnali. Questi segnali possono essere:
annebbiamenti - un pensiero visivo è emerso all'improvviso e contestualmente si è ristretto il mio campo visivo reale
piccoli blackout per cui perdo il contatto con la realtà per brevi istanti - ad esempio, mi rendo conto di essermi perso in un dialogo interiore, e contestualmente di non avere sentito suoni provenire dall'esterno
rapidi pensieri che si aggiungono alla percezione di oggetti - ad esempio osservo una persona e noto che si forma un giudizio relativo alla somiglianza di questa persona con un qualche personaggio famoso.
Via via che pratichiamo - soprattutto la pratica di meditazione tibetana che ho descritto qualche giorno fa - iniziamo ad osservare il nostro stesso pensiero. Non lo facciamo con altri pensieri, ma con la consapevolezza, la presenza mentale - sati.
Soto la lente della presenza mentale emergono alcune caratteristiche relative al pensiero:
il nostro pensiero si manifesta in modi diversi - immagini mentali, suoni e voce interiore, giudizi
il pensiero è in grado a volte di avere il sopravvento sulla presenza mentale - e in tal caso siamo semplicemente portati via, altrove, non siamo consapevoli. Altre volte invece convive con le altre percezioni ed è sotto controllo
il pensiero è vischioso nasce nelle e dalle percezioni e ci accorgiamo molte volte dello stesso, dai mini blackout percettivi più che direttamente . E' integrato nella nostra rappresentazione del mondo.
Quest'ultimo punto è fondamentale. Pensare di separare pensiero e realtà con altro pensiero è illusorio ed è fonte di autoinganno e sofferenza. Per il semplice motivo che nella maggior parte dei casi non riusciamo nemmeno ad essere del tutto consapevoli di quanto pensiero c'è nella nostra rappresentazione dei fatti. Il pensiero è appiccicoso.
la pratica meditativa non è perfetta, in quanto comunque per esercitarla metti in uso delle funzioni cognitive specifiche - annota i pensieri, osserva questo, ricordati di osservare, ricordati di non giudicare - e di funzioni esecutive - stai sveglio, stai attento, sforzati di stare presente, etc. Eppure essa rappresenta un tentativo non cognitivo perfezionato nel corso di migliaia di anni finalizzato, tra le altre cose, a osservare il proprio pensiero.
L'osservazione del pensiero ha un obiettivo non cognitivo ma esistenziale e spirituale. Come dice Ken Wilber in Meditazione Integrale nel momento in cui diventi consapevole di qualcosa questo diventa un oggetto della conoscenza. Se diventa un oggetto accadono diverse cose. La prima è che inizi a capire che tu non sei più quel pensiero, la seconda è che comincia gradualmente a perdere la sua vischiosità, ovvero riesci ad accorgerti dei punti in cui è appiccicato alla realtà.
La disidentificazione dai propri pensieri apre scenari enormi. In termini personali, la disidentificazione consente ad una persona maggiore elasticità mentale, maggiore apertura, minor dogmatismo e capacità di collaborare. In termini spirituale apre uno scenario incredibilmente ampio che ha alla sua base una domanda ultima: se non sono i miei pensieri, allora che cosa sono?
Le filosofie perenni e le grandi tradizioni spirituali nascono per rispondere a questa domanda. Ma già arrivare a porsela è un fatto di per sè straordinario che da avvio al vero risveglio, quello in cui mi sono accorto di essere all'interno della famosa caverna platonica.



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