Diventa ciò che sei
- Pierluigi Casolari
- 13 dic 2024
- Tempo di lettura: 3 min
"Diventa ciò che sei " era questo il sottotitolo che aveva scelta per la sua ultima opera "Ecce Homo" nel 1888 Friedrich Nietzsche, poco prima della "catastrofe" della sua vita, che lo vide perdere la ragione e trascorrere gli ultimi 10 anni di vita in uno stato di delirio e allucinazioni. Diventa ciò che sei è anche il messaggio dell'oracolo di Delfi, nonchè il principio di individuazione dello psicologo Jung.
Plotino scriveva invece che unirsi a Dio era come scolpire la propria anima. Mentre per la filosofia ZEN è riducendo, togliendo, eliminando che si arriva alla propria essenza.
Gran parte delle tradizioni spirituali sono concordi nel fatto che la trasformazione spirituale non è connessa all'aggiungere ma al togliere. Ramana Maharshi, il maestro spirituale non duale contemporaneo proponeva ai suoi discepoli la scuola del "disimparare". Chi andava dal maetro lo faceva per disimparare. Disimparare - disidentificarsi da tutte quelle conoscenze su di noi, che come un velo di Maya, si mettono tra noi e la nostra vera essenza. Maharshi insegnava la meditazione "chi sono io" che serviva per relativizzare tutto quello che crediamo che sia il nostro sè. Anche Buddha ci chiedeva di non studiare ma verificare direttamente, accedendo direttamente alla conoscenza del mondo, senza condizionamenti. Per questo nella sua infinita saggezza ci ha fatto dopo della meditazione, che non è altro che un'osservazione pura, senza condizionamenti, di noi stessi. Gesù diceva liberatevi di tutto quello che possedete del mondo, persino della vostra famiglia e unitemi a me per raggiungere il regno dei cieli. San Francesco si liberò di tutti i suoi averi e scelse la povertà e la vita nella natura non per anticonformismo. Ma perché solo liberandosi di tutto quello che pensiamo di essere possiamo capire chi veramente siamo.
Il primo livello di questa liberazione da false conoscenze e pregiudizi passa attraverso il silenziamento del rumore di fondo del mondo. Solo silenziando il mondo, è possibile ascoltare il daemon, il quale sussurra diceva Socrate. Non urla, non gracchia. Fateci caso in TV sui social, in politica, nelle marketing, il volume è alto, si strepita, si grida, si urla, si eccita l'audience, si cerca di colpire nel segno, shockare, catturare l'attenzione. E così il mondo silenzia il daemon. Eppure ci ricordano i grandi mistici che è il contrario che dovrebbe avvenire, che dovrebbe essere il nostro compito supremo (conosci te' stesso, diceva Apollo dall'oracolo di Delfi). Silenziando il daemon, per il mondo è più facile condizionarci, influenzarci. Così vengono costruite identità fittizie, superficiali, esterne. Cominciamo a identificarci con i bisogni indotti dalla pubblicità, con i mestieri proposti dal mercato, con l'idea del successo, della fama, della ricchezza, con gli oggetti venduti dal marketing, con la sessualità proposta dalla pornografia.
Ma come ricorda il maestro Zen Tich Nhat Hann è sufficiente un solo respiro consapevole per mettere a tacere tutto questo rumore. Un solo respiro, per fermarsi e silenziare il mondo. Un solo respiro che va ripetuto tutte le volte che possiamo. Quello che succede con la meditazione, l'introspezione, il silenzio è che quando tutto tace, inizia a parlare una voce più profonda. Nel silenzio del mondo ci è più facile riconoscere forme più profonde e consapevoli della nostra identità. Possiamo riscoprire l'identità corporea, l'unità corpo-mente, il centauro come lo chiamava Ken Wilber, nello spettro della coscienza. Con la scoperta del corpo, riscopriamo l'autenticità delle nostre emozioni, che ci possono guidare nel mondo. Ad un livello ancora più profondo scopriamo le forme archetipiche che influenzano da sempre il nostro agire (gli archetipi di Jung, le divinità della Bolen). Ci accorgiamo che nella nostra vita mettiamo in scena miti e archetipi di cui rappresentiamo una sorta versione contemporanea. Queste strutture agiscono in modo inconsapevole, ma sono esigenti, se non le conosciamo loro agiscono noi, non viceversa. Dialogore con queste strutture profonde della personalità significa comprendere quello che dicevano gli stoici: "amor fati". Ama il tuo destino, accoglilo, accettalo, diventane consapevole e scopri attraverso di esso e gli ostacoli che ti propone, il tuo percorso di trasformazione. Poi ad un livello più profondo ancora, mistico ed estatico, scopriamo la nostra essenza finale, l'unione con il tutto, la coscienza, il Testimone, il puro Se? La scoperta di questa essenza ci dona sollievo nella comprensione della vita, della morte, del nostro essere qui e ora nel mondo. Accedere a questo livello profondo - ciò che veramente siamo, diventare questa essenza profonda - è ciò che i mistici chiamano illuminazione. Che non è assenza di sofferenza, ma unione con il tutto. L'assenza di dolore è la sua conseguenza. "Il dolore esiste solo nella separazione" diceva Plotino.




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