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Crescita personale e spirituale è trasformare in oggetto quello che prima era soggetto

Quando siamo arrabbiati, come tra l'altro segnala la lingua, noi siamo "la rabbia" e così allo stesso modo quando siamo convinti di qualche cosa, "noi siamo quella convinzione". In pratica quando siamo attraversati da pensieri turbolenti, convinzioni, schemi mentali, emozioni forti, noi diventiamo quegli stati mentali. Siamo totalmente identificati con essi. Probabilmente questo è uno dei motivi per cui è così difficile curare problematiche personali e psicologiche: la persona è quel problema, è quel disturbo.


Il filosofo Ken Wilber, in un bel libro intitolato Meditazione Integrale, dice che la crescita è trasformare in oggetto quello che prima era soggetto. Così come il bambino che nei primi mesi è fuso con la mamma poi si distacca da questo stato simbiotico vedendo la mamma come oggetto esterno e in questo modo comincia a sviluppare un'identità, allo stesso modo la persona saggia riesce a trasformare in oggetto quelli che prima erano stati in cui si identificava. Vedendo i propri schemi mentali, emozioni turbolente, convinzioni, pensieri sottili - invece che vedendo il mondo attraverso di essi - diventa libero. Il grado di libertà ovviamente è relativo, più è grande la disidentificazione, maggiore è la libertà da quegli stati, cioè la spaziosità della sua capacità di agire liberamente. Ovviamente si tratta di un percorso a ostacoli. Non si passa dalla fusione alla disidentificazione, ci sono infiniti gradi intermedi. Molti tipi di meditazione (ad esempio la mindfulness) non fanno altro che rivoltare l'attenzione del praticante dal vedere il mondo attraverso i propri schemi, all'osservare quegli schemi. In generale anche molte forme di psicoterapie funzionano in questo modo. Si propongono cioè di far si che il paziente volga la propria attenzione dalle situazioni al proprio modo di agire e reagire nelle situazioni. In occidente questo approccio è nato con i filosofi stoici, che per primi invitarono a prestare attenzione al modo in cui reagiamo agli eventi, piuttosto che agli eventi. Il che è un altro modo per dire di non farsi risucchiare dal mondo esterno (o interiore) ma cercare di identificare i nostri schemi mentali attraverso interpretiamo eventi (esterni ed interni).

Anche la pratica del journaling, ovvero scrivere un diario personale in cui riportare il modo in cui si reagisce alle situazioni fa parte di questo approccio di trasformazione del soggetto in oggetto. Scrivendo come reagisco, metto l'attenzione sul mio comportamento e sul mio schema mentale, invece che sui fatti.

Nella mindfulness un tema molto importante è quello di non giudicare i propri schemi, reazioni o pensieri. L'osservazione senza giudizio è una componente importante di questa oggettivazione del flusso. Il motivo è presto detto, se giudichiamo il flusso non facciamo altro che usare altri schemi e filtriamo il mondo attraverso di essi. In pratica non stiamo disidentificandoci attraverso la pura osservazione, stiamo invece applicando altri schemi, altri giudizi, altri filtri, altre emozioni ad altre emozioni, ad altri schemi. Siamo ancora irretiti nel soggetto.


Come fare a non giudicare gli schemi che ci feriscono maggiormente, le emozioni che proviamo e che non sopportiamo di noi stessi? Nella mia esperienza la pratica meditativa è quella che più di tutte aiuta a tenere pulita l'osservazione dei fatti interiori, quando meno ad un livello consapevole (poi chissà cosa succede a livello inconscio?!). La meditazione permette di raggiungere questo risultato in quanto è disegnata e progettata proprio per questo motivo. Opera attraverso la nostra facoltà della consapevolezza o presenza mentale, che è una facoltà differente da quella cognitiva e che in quanto tale è già di per sé purificata da schemi mentali. L'atto di osservare della mente non ha filtri, non ha contenuto. E' un puro vedere. E' pura consapevolezza. E' una facoltà universale che tutti hanno. Senti ora la sensazione della tua schiena appoggiata alla sedia? Riesci a essere consapevole in questo momento del respiro e dell'aria che entra e che esce di te? Ok, allora hai la capacità della presenza mentale. La consapevolezza è un faro che illumina, è la luce che rende possibile. Osservando pensieri ed emozioni attraverso il faro della consapevolezza, succedono due cose:

  • la prima è che faccio diventare quello stato soggettivo uno stato oggettivo, cioè diventa oggetto del mio vedere

  • la seconda è che osservandolo generalmente lo rallento. Un po' come se con un ago bucassi un palloncino pieno d'aria.


Per questo e altri motivi di cui ho già parlato pensare di fare un percorso di crescita personale, spirituale (e forse persino professionale) senza meditazione sembra quasi impossibile.

 
 
 

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