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Traslazione vs Trasformazione spirituale

Nel libro One Taste Ken Wilber distingue due tipi di sviluppo spirituale. Il primo è costituito dalla traslazione. Il secondo invece è la trasformazione.


Secondo Wilber, la traslazione è il tipo di percorso spirituale di cui per secoli si è occupata la religione dogmatica. La traslazione consiste nello sviluppo di un nuovo modo di pensare, di una nuova visione del mondo - della quale - ad un certo punto - bisogna 'credere'. La traslazione è l'assunzione di un sistemi di valori, concetti e credenze che permette di interpretare il mondo. Ed è questo che effettivamente fanno le religioni.


La trasformazione invece è la messa in discussione di ogni sistema di credenze. La trasformazione spirituale si è sviluppata in seno ai contesti più esoterici e non dogmatici delle religioni (di tutte le religioni). La trasformazione implica una ristrutturazione della personalità, non basata su un sistema di credenze (sebbene possa beneficiare di un sistema di credenze), ma su una esperienza diretta che porta a mutare completamente la propria percezione della realtà.


Wilber dice che la traslazione è orizzontale, mentre la trasformazione verticale. A me piace però pensare che la traslazione è superficiale. Mentre la trasformazione è profonda. Un precetto religioso può influenzarci e spingerci a comportarci in un certo modo, ma è altamente probabile che chi lo segue lo fa senza convinzione, magari guidato da motivazioni esterne (vita dopo la morte, etc). Al contrario, un'esperienza di illuminazione spirituale potrebbe trasformarci in maniera irreversibile mostrandoci la vera natura della realtà, inducendoci poi a seguire un certo modo di vivere in modo convinto e coerente.


Si potrebbe estendere il ragionamento di Wilber e ipotizzare la traslazione è in generale legata a tutti i percorsi che ci portano a sviluppare nuove credenze e nuove visioni del mondo, che si tratti di religione, filosofia, scienza o spiritualità. Da questo punto di vista la traslazione avviene attraverso la lettura di libri, la visione di film, l'ascolto di discorsi, la visione di libri. In tutti questi casi infatti vari tipi di strumenti discorsivi che parlano alla nostra capacità di fede e di ragionamento vengono utilizzati per indurre cambiamenti nella nostra visione del mondo, che questo avvenga tramite fede o pensiero.


Al contrario la trasformazione avviene quando tramite pratica, esperienza, vita vissuta e sviluppiamo dei cambiamenti più profondi che non si imprimono soltanto a livello di pensiero e di fede, ma di struttura profonda del nostro essere.


Se ragioniamo in termini di superficie e profondità allora potremmo vedere la traslazione come l'inizio della trasformazione. In effetti è possibile che un percorso di trasformazione inizi dopo una lettura, un incontro - dopo un assaggio di cambiamento. La traslazione è l'assaggio della trasformazione da questo punto di vista.


Come mai allora le religioni - che esemplificano il percorso della traslazione - sono viste come opposte alla spiritualità? Sono davvero agli antipodi?


Dal mio punto di vista, non lo sono. Per alcuni motivi. Eccone alcuni


  1. In primo luogo, tutte le forme di spiritualità sono nate da forme religiose. Non mi sovviene nessun caso di percorso spirituale totalmente laico - questo mi induce a pensare che la religione formi il presupposto per uno sviluppo spirituale (piuttosto che la sua negazione), come suggerisce lo stesso Ken Wilber

  2. Anche nell'ambito della spiritualità, non tutte le persone che prendono parte a programmi di crescita poi arrivano ad una reale trasformazione, questo significa - almeno in parte - che la spiritualità non è sinonimo di spiritualità.

  3. In terzo luogo nei percorsi religiosi più vicini alla spiritualità - come il buddismo - non è bandito l'uso della fede e dell'intelletto. Piuttosto essi sono visti come ancillari allo sviluppo spirituale vero e proprio, che è invece soggettivo, personale e interiore


 
 
 

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