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La teoria della due verità nelle tradizioni spirituali e l'importanza dell'etica.

In diverse tradizioni spirituali ricorre spesso la teoria delle due verità. La premessa è che il mondo in cui viviamo è un sogno, un'illusione, di conseguenza occorre liberarsi dal velo dell'illusione - grazie alla pratica spirituale - e scoprire la natura reale delle cose. Questa scoperta coincide con il raggiungimento di uno stato di coscienza in cui si percepisce l'unità con il tutto. Questa esperienza di unione-comunione con il tutto è l'illuminazione, che - per chi avesse dubbi - è il principale e più importante punto di arrivo della pratica spirituale.


La teoria delle due verità nasce dal fatto che da un punto di vista assoluto la nostra vita è insignificante, il nostro ego, la nostra famiglia, il nostro lavoro, le nostre ambizioni, gli amici, la carriera, il lavoro e i desideri non sono che un effimero sogno. Ma non di meno, noi siamo parte di questo Tutto, che è prima di tutto Coscienza, che include ogni cosa e che rende possibile ogni cosa. Dal punto di vista della verità assoluta, noi siamo già divini e il nostro compito all'interno di questa terra è dimorare in questa coscienza assoluta. Questo dimorare si manifesta in vari modi, i due principali sono: accettazione di ogni cosa ed essere presenti nel momento presente.


La nostra coscienza assoluta è data da uno stato di mindfulness attivo sempre e dalla capacità di accettare incondizionatamente tutti i fenomeni che si manifestano nella coscienza, interni ed esterni (sono tutti interni).



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Nel buddismo - e probabilmente anche nello stoicismo - è emerso tuttavia il problema della verità relativa. Ovvero: posto che siamo su questa terra e un ego, una vocazione, una famiglia, una vita, una casa, un corpo e degli amici ce li abbiamo, cosa dobbiamo farne di tutto questo? Come dobbiamo vivere la nostra vita relativa?


Questo è lo spazio della verità relativa. Detto in un altro modo: io sono Divino, io sono il Tutto, io sono l'Assoluto e lo riconosco in me. Ma ora sono qua, in questo corpo e in questa vita. Che cosa devo fare per vivere? Come devo vivere?


Nel buddhismo questo modello di doppia verità ha dato origine al tema del Bodhisattva. Il Bodhisattva è colui che pur avendo raggiunto la comprensione della verità assoluta (attenzione: non è una comprensione intellettuale, ma una realizzazione esistenziale che si raggiunge attraverso una trasformazione della propria vita), decide di occuparsi nel mondo di aiutare le altre persone. Dal punto di vista assoluto non cambia assolutamente nulla: che tu sia un miliardario o un senza tetto sei comunque divino, Brahman, incondizionato, increato, non manifesto. Non cambia nulla che tu sia un benefattore o un delinquente. Eppure da un punto di vista relativo, la differenza è incredibile.


Questo tema delle due verità è fondamentale, in quanto dal mio punto di vista oggi non è per nulla chiaro. Se prendiamo autori molto influenti come Eckart Tolle che sicuramente oltre ad essere autore famoso è anche una persona che ha raggiunto uno stato di illuminazione molto elevato, questo tema della doppia verità non compare per niente. Tolle ci invita ad accettare la realtà, a stare nel presente, ad osservare i nostri pensieri, ad essere il Testimone di ciò che appare nella nostra coscienza, senza giudizio. Questa è certamente una via per l'illuminazione e questo dimorare ci permette di stare un passo sopra al nostro ego, nei pressi della verità assoluta. Il problema è che Tolle non è in grado di dirci nulla sulla nostra vita, su cosa fare, se cambiare lavoro, se divorziare, come educare i nostri figli. Non ha nessuna risposta su tutti questi temi. Semplicemente perché - e come dargli torto - dal punto di vista della verità assoluto sono temi irrilevanti.


Il problema però è che nessun uomo riesce a stare h24 in uno stato di enlightment.


Come diceva Plotino ad un certo punto esci dalla coscienza assoluta, ti scindi dall'Uno, e ti ricordi che devi pagare i dazi (oggi si chiama f24) e che non hai soldi in banca o dobloni.


Dal punto di vista assoluto, che tu decida di derubare qualcuno o lavorare sodo per pagare le tasse è totalmente indifferente.


D'altra parte non è un caso che Tolle sia il punto di riferimento di un filone della spiritualità che non riconosce l'etica come principio determinante della spiritualità stessa. L'etica infatti è il secondo obiettivo della spiritualità insieme alla realizzazione spirituale dell'assoluto. Non necessariamente in tutte le tradizioni, ma per lo meno in quella buddhista e in quella stoica, lo è in maniera determinante.


L'etica è il punto in cui scendiamo dai vertici dell'illuminazione e cerchiamo di capire come vivere portando con noi, nel mondo reale, in questo corpo, in questa carne, in questa terra, con queste persone, un briciolo di quel bagliore e di quella luce di cui ora - una volta discesi - avvertiamo solo un lontano eco.


Anche Tolle ogni tanto quando si sveglia la mattina di quella luce avverto solo un lontano eco, magari quando deve organizzare un corso, farsi mandare un bonifico, dire di "no" ad un amico che vorrebbe un consiglio, quando si sveglia con un mal di testa fortissimo. La verità relativa è tutto quello che tra dentro le parentesi della vita reale. La mia personale opinione è che una tradizione spirituale deve includere l'etica per aiutarci a vivere nel mondo relativo, che per il 99% delle persone è l'unico.

 
 
 

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