Il paradosso di trasformare sè stessi
- Pierluigi Casolari
- 15 apr 2024
- Tempo di lettura: 1 min
Aggiornamento: 22 lug 2024
Nel campo della crescita personale, esiste un paradosso legato alla possibilità di trasformazione. Generalmente, iniziamo un percorso di cambiamento perché abbiamo un'idea di ciò che desideriamo diventare. Questa visione del nostro "io" futuro ci guida nel modellare l'"io" presente fino a farlo assomigliare a quello futuro.
Il paradosso è: chi o cosa dentro di me ha un'idea chiara del mio "io" futuro e si impegna per realizzarlo? Non può essere l'"io" presente, poiché è diverso dall'"io" futuro. Allora, chi è?

La risposta è più semplice di quanto sembri: la parte di noi che aspira a diventare l'"io" futuro è l'"io" futuro che è già presente in noi. Di conseguenza, per diventare ciò che non siamo, dobbiamo in qualche modo già esserlo.
Tutte le maggiori tradizioni mistiche, sia orientali che occidentali, concordano su questo punto. Si tratti di riscoprire la nostra natura di Buddha, di ricordare ciò che, secondo Platone, già sappiamo, o di osservare il grande Sé, ovvero l'Atman che è già dentro di noi, la trasformazione più profonda è semplicemente ritrovare la nostra vera natura. Anche Jung era d'accordo, sostenendo che la crescita non è altro che l'integrazione nell'"io" di tutte le forme archetipiche già presenti in noi.
La questione cruciale diventa: se l'"io" futuro al quale aspiriamo è già dentro di noi, perché è così difficile compiere questa trasformazione?



Commenti