Il dolore è temporaneo, il rimorso anche
- Pierluigi Casolari
- 9 feb 2024
- Tempo di lettura: 2 min
Leggevo oggi un post che diceva: provaci, non mollare. Il dolore è temporaneo, il rimorso è per sempre.
In realtà il rimorso è temporaneo come ogni altra sensazione. Sentiamo un po' di rimorso, per qualcosa che non abbiamo fatto. Poi passa qualche minuto e riprendiamo la nostra vita. E anche il rimorso se ne va, nel baratro dell'oscurità, insieme alla miriade di altre emozioni, sensazioni, pensiero, che ogni giorno generiamo.
Allora come scegliere le cose da fare? Se il rimorso è uguale al dolore, allora perché fare qualcosa piuttosto che non farlo? Perché fare qualcosa invece di stare fermi nell'inazione e nell'inattività?
Un approccio utilitaristico probabilmente proverebbe a calcolare se è più il dolore o il rimorso. Per esempio è maggiore il dolore seguente al lasciarsi andare ad un avventura sensuale ed eccitante con un/una collega (legato a sensi di colpa, sotterfugi, sensazione di non essere una buona persona, rischio di ferire tanto il-la collega quanto la-il compagno), oppure il rimorso di avervi rinunciato (e quindi non essersi dati/e una botta di vita)?
Un approccio etico farebbe prevalere il principio della correttezza e giustezza di una specifica azione. E quindi valuterebbe la scappatella in modo negativo, privilegiando invece il comportamento virtuoso.
Oggi, l'atteggiamento prevalente è quello della "ogni lasciata è persa", basato sul principio secondo cui: "l'occasione è unica, il rimorso è per sempre". Di fatto però si tratta di un errore cognitivo. Sia l'occasione che il rimorso sono impermanenti. Entrambi entrano ed escono dal campo della nostra consapevolezza. Il rimorso potrebbe presentarsi e ripresentarsi come un tarlo, esattamente come il senso di colpa per avere fatto un gesto non corretto nei confronti di sé stesso, dei propri principi o delle persone care.
Ma allora come agire, cosa scegliere? Posto che non si può agire per una qualche punizione (o premio) extra terrena, allora cosa dovremmo scegliere tra il dolore e il rimorso, tra il contegno e il piacere, tra il rispetto e la trasgressione. Sono indifferenti le due soluzioni?
Quando si entra nell'ambito della morale, tutte le filosofia del qui e ora, non ci aiutano più. Non sono sufficienti. Le conseguenze delle azioni sono presenti nel qui e ora come semi, che si svilupperanno - solo - in ulteriore momento. Ma non sono visibili nel momento presente. Oggi tutti gli approcci spirituali che esaltano l'importanza del momento presente, della mindfulness e del flow - che pure sono strumenti essenziali per una ri-centratura personale - non riescono a rispondere a questi dilemmi.
E così si finisce ad agire senza una linea guida, senza una direzione. O guidati da principi inconsci e reattivi (la vocina che dice che ogni lasciata è persa, la vocina che ci dice che è sbagliato e non si fa), senza far entrare il nostro comportamento quotidiano all'interno di una pratica di ricerca personale e spirituale che integra vita reale e crescita spirituale (Samsara e Nirvana), spirito e valori.
Occorre ricucire lo iato che nel tempo si è creato tra spiritualità ed etica/morale, che era stato unificato malamente dalle religioni tradizionali (al servizio del controllo sociale), ma che ora è completamente disaccoppiato a causa della cultura individualistica ed edonistica del tempo - che permea anche la new new age spiritualistica del momento.



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