La progressione della crescita personale. Dal dovere, al piacere, alla felicità e alla gioia
- Pierluigi Casolari
- 7 feb 2024
- Tempo di lettura: 6 min
Qualche anno fa ho scoperto la psicologia evolutiva e di sviluppo, che spiega in modo molto affascinante che la nostra personalità segue uno sviluppo abbastanza preciso nel corso degli anni. Da Piaget a Maslow, la psicologia evolutiva spiega lo sviluppo umano nelle sue varie componenti (sviluppo cognitivo, sviluppo morale, sviluppo dei bisogni, sviluppo della coscienza) come un percorso a spirale di crescita progressiva, in cui ogni fase trascende e include la precedente. Il paradigma più conosciuto è quello di Maslow che spiega lo sviluppo dei bisogni della persona come una sorta di piramide ascendente, dove man mano che evolve la persona cerca di risolvere bisogni progressivamente più complessi, sofisticati e meno materiali. Si parte dai bisogni primari che deve soddisfare il neonato, al bisogno di sicurezza e protezione del bambino (che però continua ad avere bisogno anche di risolvere lo stadio precedente), poi si sale con il bisogno di appartenenza (del ragazzino, che continua comunque ad avere la necessità di soddisfare i bisogni sottostanti), poi si sale ai bisogni di successo e di autoefficacia e via via. Fino a raggiungere bisogni più ampi, sociali e astratti o spirituali, come il bisogno di autorealizzazione personale e spirituale.
Anche nello sviluppo personale e spirituale potremmo usare lo stesso paradigma per spiegare e ragionare su una progressione e percorso di risveglio progressivo che ci porta ad uno stato di maggiore autorealizzazione e completezza spirituale. Ci sono tantissimi studi che descrivono la spirale di crescita personale e spirituale. La seguente è una mia interpretazione personale che include vari tipi di teorie e approcci, reinterpretandoli secondo un mio personale punto di vista.
Il primo stadio è quello del "dovere". In questa fase siamo dominati dalla mente, da principi e regole che ci imponiamo o che ci vengono imposti. E' l'ambito del "dovrei fare". "Dovrei fare questo, per ottenere quello". Dovrei studiare per farmi una posizione, dovrei allenarmi per dimagrire, dovrei impegnarmi per avere successo. E' lo stadio del principio di causa effetto. Si da per scontato che ad un'azione corrisponda una certa reazione. L'attenzione in questa fase è sul futuro. Il presente è in funzione del futuro, è ancillare ad uno specifico momento del futuro, in cui si raccoglieranno i risultati delle proprie azioni.
Le caratteristiche di questo atteggiamento sono la pianificazione, l'organizzazione, il rispetto delle regole, la stabilità di vivere in un sistema che non viene messo troppo in discussione. I punti di caduta e di ombra sono la mancanza di una presa sulla realtà. La mancanza di un reale momento di soddisfazione. Mi alleno per dimagrire, tanto per fare un esempio. Ma poi quando capisco che sono dimagrito, saprò accontentarmi. Sarò felice, soprattutto, una volta, dimagrito. O semplicemente, ho spostato in un punto a caso del futuro, una mia presunta soddisfazione personale?
Lo stadio del piacere, inizia (ri-inizia) quando il sistema del "dovere" inizia a crollare su sé stesso. Quando la folla corsa verso il futuro inizia a vacillare. Si inizia a capire che gli obiettivi prefissati non hanno portato la felicità, ma semplicemente ci hanno portato a sacrificare il presente, in nome del senso del dovere, del futuro, dello status, del lavoro e delle regole. Ecco allora che molte persone intraprendono la strada del "piacere". Si passa dal futuro, al qui e ora. Invece della pianificazione, si entra in zona "hakuna matata", senza pensieri. La ricerca del piacere subentra agli obiettivi a lungo termine. E in questa fase si ha la riscoperta dei piaceri del corpo, dei sensi, del gusto lato corporeo, ma anche del senso estetico, attraverso l'arte e la musica. Lo sport, l'attività fisica in questo stadio vengono praticati per il piacere a breve termine che generano, per il picco di endorfine e adrenalina che inducono nel corpo. La ricerca del piacere permette di ritrovare il senso del presente e del corpo. Allo stesso tempo però la ricerca del piacere attiva forze che non sono del tutto sotto il nostro controllo. I circuiti del piacere sono determinati da un meccanismo impersonale, ormonale e cerebral, in grado di controllare tutti i nostri comportamenti. Anche la ricerca del piacere è ad alto rischio di crollare su sè stessa. In quanto da un lato il meccanismo del piacere genera rapidamente assuefazione e ci troviamo alla ricerca di "esperienze" più rilevanti per ottenere il piacere che prima provavamo con molto meno. In secondo luogo la macchina del piacere soffoca circuiti più semplici e più sottili, che non sono in grado di competere con la brama generata dal piacere e le sensazioni di estasi e ricerca del piacere (orgasmo, brama, desiderio sessuale, dipendenza dal cibo, dipendenza da pornografia). Se si è abbastanza fortunati e/o perspicaci per cogliere questo potenziale stato autodistruttivo, si entra nel terzo stadio
Il terzo stadio è rappresentato dalla ricerca della felicità. La ricerca della felicità subentra come slancio spirituale rispetto all'edonismo esasperato dello stadio precedente. Nella ricerca della felicità, viene ribadito il ridimensionamento della mente e del "dovere", ma viene anche ridimensionata la ricerca del piacere grossolano, con predilezione invece per il senso di piacere che nasce dal fare cose in linea con i propri valori più autentici. La ricerca della felicità è esemplificata dalla diffusione anche in occidente del principio dell'Ikigai, ovvero il trovare la propria ragion d'essere. Oggi la maggior parte dei giovani si ritrova rapidamente in questo stadio. Mentre noi Gen-X e Boomer ci siamo arrivati molto tardi, dopo esserci incastrati nei due stadi precedenti per molto tempo (troppo). La ricerca della felicità è il grande trend di questi tempi e si manifesta nel bisogno di un migliore bilanciamento tra lavoro e vita privata, nella necessità di trovare un lavoro in linea con il proprio essere, nella diffusione di pratiche e sport centrati su benessere e centratura di sé stessi (mindfulness, yoga), nel grande fenomeno delle dimissioni di massa, nel proliferare life e business coach che aiutano le persone ad autorealizzarsi, nel fenomeno letterario dei libri di crescita personale, nell'esplosione di tematiche spirituali e pseudo spirituali sui social.
La ricerca della felicità porta ad un migliore equilibrio nelle due fasi precedenti. La pianificazione, gli obiettivi, le intenzioni vengono recuperati come percorso per centrarsi ed essere più trasparenti a sè stessi. Non per rinnegare il piacere, ma per cercare piaceri più costruttivi, sottili e "spirituali". Il cuore della pratica non è la ricerca del piacere dei sensi, ma della felicità. Il circuito della dopamina, lascia il posto a quello della serotonina, l'ormone della felicità.
Purtroppo anche la ricerca della felicità finisce spesso in un vicolo chiuso. La presunta maggiore centratura e senso di equilibrio è comunque un maggiore equilibrio dell'ego di prima, quello delle due fasi precedenti. La felicità è in fondo un piacere più grande, radioso ed edificante. Ma è comunque piacere. Inoltre la ricerca di felicità, del proprio ikigai o del proprio daemon spesso non fa altro che gonfiare il proprio ego/egoismo. Essa diventa spesso una ossessione. Inoltre questa ricerca della felicità avviene generalmente attraverso "il fare": fare meditazione, fare yoga, fare il corso, fare training,fare coaching, cambiare lavoro, trasferirsi. Ad un certo punto, molte persone si rendono conto che tutto questo fare è guidato da un senso di vuoto profondo, sottile, silenzioso. La ricerca della felicità non è molto dissimile dalla brama della ricerca del piacere. Diventa il più delle volte un modo per fare tacere quel senso di vuoto in un modo più edificante di prima, ma comunque si tratta di un'interferenza. Che sia sul posto di lavoro, o su uno scoglio a Lanzarote, il senso di vuoto prima o poi ci raggiunge. E allora ci rendiamo conto che anche la ricerca della felicità era un tentativo - umano, comprensibile, edificante e pieno di buone intenzioni - di sfuggire al senso di separatezza rispetto al mondo, alle altre persone, al cosmo. Così sprofonda spesso anche questo percorso
Qualcuno molto fortunato, illuminato raggiunge invece lo stadio successivo che è quello della gioia. Con il raggiungimento dello stadio della gioia, le persone non hanno più bisogno di intraprendere un percorso di ricerca. La gioia a differenza della felicità non richiede una ricerca. La gioia è il rallegrarsi per la gioia e la felicità delle altre persone e delle altre creature. La gioia a differenza della felicità è trascendenza totale. Se con il piacere del presente trascendo i condizionamenti della mente e con la felicità trascendo i condizionamenti del corpo, con la gioia tracendo l'ego. La mia gioia è lo stato di benessere e beatitudine che proviamo per il benessere e la beatudine degli altri. E' uno stato specchio. Attraverso la gioia riflettiamo come un puro specchio il mondo. Rallegrandoci per quello che nel mondo è allegro. Rattristandoci per quello che nel mondo è triste. Questo stadio non presenta i rischio di caduta e contraddizioni, in quanto in questo stadio la persona si trova in uno non-stato e in un non-stadio. Non sono infatti i miei raggiungimenti, i miei stati di coscienza o le mie esperienze a generare uno stato di gioia e piacere, ma il mondo circostante. Più sono gli esseri e le creature che riescono a indurci tale stato di gioia, più lo stato di gioia è assoluto e infinito. La gioia assoluta è come la gioia della mamma per la gioia dei figli, ma estesa a tutte le creature del mondo. La strada della gioia è uno dei principali obiettivi dei percorsi spirituali nel buddismo, nel cristianesimo mistico. E' lo stato dei Bodhissatwa, dei santi, del Buddha, di Gesù.



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