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Crescita personale, orgoglio e umiltà. Il diario dell'egoismo

In un certo senso un percorso di crescita personale è una sorta di oscillazione continua tra orgoglio e umiltà. Serve un po' di orgoglio, almeno un po' per darsi una pacca sulle spalle quando si ottiene qualche risultato, quando senti di avere trasformato qualche aspetto negativo della tua vita. Ma ovviamente serve anche umiltà, ovvero una rappresentazione dei propri attuali limiti e il desiderio di superarli e trasformarsi.


Il punto è che siamo molto più sensibili al tema dell'orgoglio e dell'autoillusione che non dell'umiltà. E se guardiamo il panorama generale dei social tende a favorire ancora di più l'orgoglio su ogni altra componente della crescita. Il risultato è un'esplosione di egocentrismo, pacche sulle spalle e gratificazioni. Fino a trasformare la propria crescita personale, in una sorta di vetrina di successi per i social. Dove generalmente esibiamo i nostri traguardi, dove ci mostriamo in posizione del loto a meditare in una casa minimal e perfetta o in una condizione di beatitudine con il nostro amore, davantai a un tramonto a Bali. La verità però è ben diversa, da questa copertina personalizzata da magazine che oggi ci stampiamo. Momenti di silenzio, dubbi, confusione, pensieri egoistici, poca trasparenza, risposte nervose, distrazioni, obnubilamento davanti ad affascinanti influencer, tendenza alla manipolazione dei fatti, pigrizia, noia, desiderio di evasione, brama, etc.

E' indubbio che i social abbiamo avvicinati milioni di persone ad un percorso di crescita umano, personale e spirituale. Tuttavia, come diceva il sociologo McLuhan il mezzo è il messaggio e quindi la spiritualità che si diffonde tramite Instagram ha tutto l'aspetto di una bella casa su una rivista di architettura di lusso. E' un rendering della nostra vita. Attraverso i like e i followers troviamo supporto al nostro percorso spirituale illusorio. Ma che ne è di quello reale? Che ne è della faticosa passione (in senso cristiano) e salita per liberarsi del proprio egocentrismo. L'ego non è solo infatti il nucleo delle credenze limitanti (che una volta eliminate lo farebbero crescere ancora di più), ma anche il cuore del nostro egocentrismo, del pensare costantemente a noi stessi, dell'essere ossessionati al nostro successo - che oggi diventa - la nostra felicità. (Successo e spiritualità possono stare nella stessa riga?)

Nel libro "Istruzioni spirituali: dal cuore di un maestro Mahamudra" di Gundum Rinpoche

si parla a lungo di questa crescita spirituale annacquata e anche di alcuni strumenti per superarla e mettersi su una strada più seria. Uno degli strumenti di cui parla il monaco tibetano è il diario dell'egoismo (l'autore non ne parla esattamente come di un diario giornaliero ma come di una pratica di annotazione periodica delle proprie azioni negative)



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Oggi si parla molto di Diario della Gratitudine, il diario personale dove annotare giornalmente qualcosa di cui si è grati. Ed è effettivamente uno strumento utile, che io utilizzo da mesi (penso con buoni risultati). In questi giorni tuttavia seguendo gli spunti di Gundum Rinpoche ho iniziato a compilare il diario dell'egoismo. Dopo un iniziale lavoro in cui ho scritto le azioni egoistiche e che hanno arrecato danno ad altre persone nel corso della mia vita, ho iniziato a compilarlo giornalmente inserendo azioni, pensieri e parole (secondo la logica dell'ottuplice sentiero buddhista) intrise di egoismo e in cui non mi sono curato degli effetti di queste azioni sugli altri o che proprio hanno generato dolore negli altri.


Nella mia interpretazione del diario non occorre entrare nei dettagli o dilungarsi troppo ma semplicemente annotare l'azione/parola/pensiero egoista con una descrizione rapida ma precisa che serva in un secondo tempo per ricordarsi dell'episodio. L'ideale sarebbe indicare almeno 3 azioni/pensieri negativi. Ha senso compilarlo una volta al giorno. Ancora meglio tuttavia sarebbe averlo sempre a portata di mano e inserire gli atti egoistici ogni qualvolta si presentano.


Il diario dell'egoismo non serve ad autoflagellarsi ma a ricordarsi ogni giorno dei nostri limiti. A non auto illudersi di essere dei fenomeni spirituali. Serve anche ad impegnarsi a non ripetere gli stessi comportamenti nel corso tempo, possibilmente pentendosi di quelli più seri e nocivi che anche solo per ingenuità si è compiuto. Penso che sia utile affiancarlo ad una pratica di Metta (meditazione compassionevole) rivolta innanzitutto a sé stessi in modo da non sentirsi troppo in colpa e attivare ferite interiori. Ci si può infatti sempre dare una pacca sulla spalla e un abbraccio, si può visualizzare la propria versione peggiore di sé amata e accettata. E' importante riconoscere i propri limiti per sviluppare umiltà e modestia e accettare la persona reale. Come diceva Carl Rogers, fondatore del counseling solo che ci accettiamo come siamo possiamo trasformarci.




 
 
 

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