Come interagire con persone logorroiche con cui fai fatica ad esprimerti
- Pierluigi Casolari
- 15 lug 2024
- Tempo di lettura: 2 min
Mi è capitato una miriade di volte di confrontarmi nella vita con la difficoltà di riuscire ad esprimermi con persone logorroiche, incalzanti che monopolizzano la conversazione anche su argomenti che non conoscono. La mia storia personale da questo punto di vista ricapitola tre possibili atteggiamenti esistenziali di fronte a questa difficoltà.

Il primo approccio è quello di incalzare, bombardare, inondare a tua volta gli altri, in queste escalation di parole, partecipando al gioco di chi parla prima, di chi dice al volo subito il proprio pensiero, di chi monopolizza la conversazione. Il risultato di questa strategia è quello però del crollo dell'ascolto e della frustrazione personale: ognuno parla, nessuno ascolta, diventa un gioco competitivo in cui perdono tutti.
Il secondo atteggiamento è invece quello di esercitare la mindfulness: sono infastidito da queste persone, percepisco il fastidio, lascio andare il fastidio, non riesco ad esprimermi, accolgo questa frustrazione e la lascio andare..... Ho praticato questo tipo di atteggiamento per un paio di anni, cercando di farmi andare giù tutto quello che non mi piaceva. Questo approccio è in linea con il principio della mindfulness che insegna ad accettare tutto quello che arriva e lasciarlo andare. Non è curativo. Continui ogni giorno a combattere con le stesse onde del mare del giorno precedente. Il logorroico non si ferma, gode, mentre tu soffri.
Il terzo atteggiamento è invece quello che vorrei potenziare oggi e consiste nel ridimensionare il più possibile la frequentazione di queste persone, a vantaggio di persone invece che presentano una cultura della conversazione più simile alla mia.
Il primo atteggiamento è una sorta di reazione di stress basata sul comando: "combatti". Il secondo invece è una reazione che attiva il comportamento "fuga". Fuggo dal bisogno profondo di connessione reale e mutualmente di scambio con le persone.
Ma proprio riprendendo la mindfulness:: se questo non fosse il miglior modo di essere compassionevoli con sé stessi? Se invece questo approccio pretendesse che tutti noi fossimo delle Madri Terese di Calcutta capaci di amare incondizionatamente, chiunque anche tutti i logorroici che si mettono sulla nostra strada, frustrandoci ulteriormente perché non siamo per nulla simili a Madre Teresa?
Il punto è che Madre Teresa nella sua incredibile storia non è tuttavia un esempio di auto compassione. Al contrario, in alcuni casi infatti provare a cambiare il proprio contesto è un'azione più facile di altre, più compassionevole verso noi stessi. Cambiare le persone che frequentiamo da questo punto di vista è una scorciatoia, abbastanza semplice: mi metto in un luogo diverso per vedere se funziono meglio, e funzionando meglio acquisisco la fiducia in me stesso per agire in modo più funzionale. Non devo combattere e mettermi ad un livello che non amo, non devo fuggire giocando la parte di chi incassa bene ogni colpo, anche se non è vero. Mi sposto e cerco persone con cui mi trovo meglio. Punto.
In generale abbiamo 3 atteggiamenti nei confronti del contesto: accettarlo, trasformarlo, cambiarlo. Non esiste una ricetta buona per tutto. Ognuno di noi può scegliere la propria strategia.



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