Che cosa non è la crescita spirituale
- Pierluigi Casolari
- 2 feb 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Esporrò una tesi molto personale, e quindi certamente discutibile. Però nell'intento di capire che cosa è - quanto meno per me - un percorso di crescita spirituale, vorrei provare a ragionare innanzitutto su che cosa non è crescita spirituale.
Innanzitutto la crescita spirituale non è la ricerca della felicità. Non lo è in ameno 2 accezioni. Nella prima, non lo è perché chi fa un percorso di ricerca spirituale non diventa più felice. Forse come dice il filosofo Ken Wilber in questo bellissimo video al raggiungimento dell'illuminazione si soffre infinitamente di più, sebbene questo ci preoccupa infinitamente di meno. Non si diventa più felici, al limiti si diventa più consapevoli. E grazie alla consapevolezza si può certamente comprendere meglio cosa ci fa soffrire, ma allo stesso tempo la consapevolezza permette a tutto il dolore che prima omettevamo o ignoravamo di venire a galla, di arrivare alla superficie e pungere.
In secondo luogo la crescita spirituale non è ricerca della felicità perchè non è questo l'obiettivo reale che ci si pone quando si intraprende un cammino spirituale. Non è questo l'obiettivo che si sono posti i grandi saggi nel corso del tempo. Al limite, è il caso di Buddha, ci si è posti l'obiettivo di ridurre la sofferenza. Ma anche in questo caso, bisogna chiaramente distinguere dolore da sofferenza, altrimenti non si capisce nulla. Nel buddismo ci si propone di ridurre la sofferenza intesa come dukka ovvero il senso di vuoto e di isolamento rispetto al mondo. Oggi, il quello strano mix tra spiritualità e social media, tra autenticità ed edonismo che viene propinata da molti la spiritualità è molto spesso associata alla ricerca della felicità. E' la felicità viene spesso associata all'abitare su un'isola, cambiando lavoro e stando in mezzo alla natura. Ma da Buddha (e dagli stoici) in avanti la stessa felicità non può essere fatta ricadere su fattori esterni. Ragione per cui tutti queste riflessioni spirituali concedono troppo potere all'esterno.
La crescita spirituale non può neanche essere associata alla realizzazione dei propri desideri o obiettivi. E questo per il semplice motivi, che così già funziona la vita terrena. Già il nostro io normale è mosso quasi unicamente per il raggiungimento dei propri obiettivi. Potenziare questa capacità non ha nulla di spirituale. In primo luogo, per la ragione che esponevo prima, ovvero perché gli obiettivi sono sempre legati all'esterno. Voglio questo, voglio quello, devo ottenere questo e devo ottenere quello. Come direbbe Erik Fromm sono legati all'avere e non all'essere. In secondo luogo la realizzazione degli obiettivi e dei propri desideri è indice dell'atteggiamento naturalmente egoista dell'uomo (e non c'è nulla di male, in questo).
Se la crescita spirituale, o meglio il cammino spirituale non è ricerca della felicità e non è realizzazione dei propri desideri, allora che cos'è? E perchè uno dovrebbe intraprendere tale cammino se non per la promessa di realizzare i propri sogni e per essere più felice?
Sempre Ken Wilber parla di autenticità. Il cammino spirituale è un cammino verso l'autenticità. O come scrive lo stesso Erik Fromm è un cammino verso la dimensione dell'essere. Si tratta di un cammino di trasformazione come una sempre maggiore concentrazione sull'essere rispetto all'avere. Non è una definizione. E' solo una sensazione. Il cammino spirituale è un cammino di trasformazione, di cui non si conosce la destinazione, ma solo che ad ogni passo avviene un cambiamento a parti fondamentali di noi stessi.



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